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Trattato dei Sette Raggi – La realizzazione della Vita Una

marconacchi

"Molti oggi amano parlare in termini di quella Vita Una, ma non sono che parole e pensieri, mentre la vera consapevolezza di quell’Unità essenziale rimane sogno e immaginazione. Ogni volta che quella realtà viene descritta a parole si accentuano la dualità e la controversia spirituale (usando questo termine nel suo senso più vero, non in quello comune di conflitto). Prendiamo ad esempio le parole: “Credo nella Vita Una” oppure “Per me esiste una sola Realtà”, e osserviamo come siano espressioni di dualismo. La Vita non si può esprimere a parole e nemmeno la sua perfezione, una volta compresa. Il processo del divenire che conduce all’essere è un evento cosmico che coinvolge ogni forma e finora non un solo figlio di Dio è avulso da quel processo di mutamenti. Fintanto che è immerso nella forma non può sapere cosa sia la Vita sebben, quando sia pervenuto a certi conseguimenti e possa agire in piena consapevolezza sui piani superiori del sistema, egli possa cogliere i primi barlumi di quella maestosa Realtà. Alcuni grandi iniziati hanno svolto le loro mansioni di rivelatori nel corso dei millenni e presentato allo sguardo dei discepoli all’avanguardia della vita l’ideale dell’Unicità e dell’Unità. Si è trattato comunque di trasferire progressivamente il centro d’attenzione da una forma ad un'altra, in modo da cogliere, da un punto più elevato, un nuovo barlume di una verità possibile. Ogni epoca (e la presente non fa eccezione) ha creduto il proprio modo di conoscere la Realtà e la propria sensibilità alla Bellezza interiore più grandi e vicini al Vero di quanto fosse mai stato possibile. La più elevata realizzazione di ciò che definiamo Vita Una è la consapevolezza (dell’iniziato di alto ordine) del Logos incarnato, della Divinità, e l’identificazione con la coscienza di quello stupendo Creatore che cerca espressione tramite il sistema solare. Nessun iniziato di questo pianeta è in grado di identificarsi con la coscienza di quell’Essere Indentificato (in senso esoterico) che, nella Bhagavad Gita, dice: “Avendo pervaso l’interno Universo con un frammento di Me, Io rimango”.”





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